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Rallentare il Parkinson con l’Intelligenza Artificiale

Le nuove tecnologie applicate al campo della medicina ci permettono di migliorare le cure e i nostri stili di vita e di saper prevenire i sintomi e l’insorgenza di nuove malattie. Una buona notizia arriva dal gruppo di ricercatori dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che hanno condotto uno studio in collaborazione con i colleghi dell’U.O. Neurologia presso l’Ospedale delle Apuane (AUSL Toscana Nord Ovest) e dell’azienda Co-Robotics srl di Capannoli. Il team, guidato da Filippo Cavallo, ha condotto uno studio pubblicato sulla rivista Parkinsonism & Related Disorders sul rapporto tra diagnosi precoce e coinvolgimento del paziente sul morbo di Parkinson. Il dispositivo tecnologico chiamato SensHand V1 è un guanto hi-tech non invasivo in grado di raccogliere dati motori ed è fatto da sensori indossabili e intelligenza artificiale capaci di riconoscere e valutare i movimenti degli arti superiori di una persona ai primi segni della malattia come tremore, rigidità muscolare e rallentamento motorio. Lo scopo del guanto indossabile è quello di prevenire quel periodo di latenza fino a 5-7 anni prima tra la comparsa dei sintomi motori e l’inizio della malattia.

L’esperimento si è svolto su 90 persone (30 individui sani, 30 con iposmia idiopatica e 30 con Parkinson) e il dispositivo ha dimostrato che, combinando le informazioni acquisite tramite l’analisi del movimento con i sensori e i risultati di uno screening olfattivo, è possibile identificare lievi deflessioni motorie che caratterizzano l’insorgere della malattia in fase iniziale. Il sistema permette di valutare, quindi, 36 parametri derivanti dall’analisi spaziotemporale e frequenziale dei segnali acquisiti. I risultati sono positivi: i test hanno dimostrato che il dispositivo presenta un’accuratezza del 79%. La sua funzione è rilevare, misurare e analizzare i movimenti delle braccia a caccia di eventuali spie precoci di tremore, rigidità muscolare e rallentamento dei movimenti, tipici della malattia. Tra i sintomi non motori, uno dei principali è la riduzione dell’olfatto (iposmia idiopatica), che rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo del Parkinson entro cinque anni. 

L’utilizzo di strumenti come l’intelligenza artificiale permetterà di sviluppare nuovi farmaci e terapie neuroprotettive che potranno migliorare la qualità di vita dei pazienti. Le tecniche avanzate di IA possono essere adottate per lo sviluppo di sistemi affidabili da poter usare nella pratica clinica come strumenti di ‘decision making’, di supporto al medico per la diagnosi della malattia di Parkinson in una fase molto precoce che non è possibile identificare con le tradizionali tecniche diagnostiche. Tra i vantaggi che l’Intelligenza Artificiale potrebbe apportare al campo della medicina anche il riconoscimento di melanomi sulla pelle e l’infarto. Nel primo caso grazie alla fotografia 2D e 3D del corpo, è possibile catturare dal 90% al 95% della superficie cutanea e l’evoluzione di queste tecnologie potrebbe portare a una diagnosi “quasi automatica” dei tumori della pelle. Nel secondo, invece, alcuni studi hanno dimostrato che le macchine potrebbero fornire ai medici un aiuto fondamentale prevedendo alcuni fattori di rischio precisi, tra cui l’età, i livelli di colesterolo e di pressione. I software potrebbero creare un vero e proprio “manuale”, che consentirebbe di individuare un numero maggiore di soggetti a rischio e salvare, quindi, delle vite.

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