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Google lancia l’assistente vocale per chi ha difficoltà nel parlare

Google lancia l’assistente vocale per chi ha difficoltà nel parlare

By ivananotarangelo

Google ha progettato e rilasciato “Project Relate”, un’applicazione che svolge il ruolo di assistente vocale aggiuntivo e sa riconoscere i disturbi del linguaggio. In questo modo, le persone che hanno queste patologie, a prescindere dal livello di gravità, possono ricorrere all’assistente di BigG e al comando vocale. Il lancio di quest’applicazione rientra in un progetto più ampio, fatto di ricerche e studi portati avanti da tempo, che hanno come obiettivo quello di migliorare il riconoscimento vocale di Google Assistant ed altre funzionalità ad esso collegate. In questo modo, gli esperti di Mountain View vogliono che le app siano maggiormente inclusive, diventando fruibili anche per quegli utenti che, a causa di patologie neurologiche o disturbi del linguaggio, mostrano problemi importanti nel parlare.

Al momento, Project Relate, è disponibile solo in lingua inglese, fruibile dagli utenti del Canada (parte statunitense), Australia e Nuova Zelanda; coloro che volontariamente vorranno partecipare all’implementazione dell’assistente vocale dovranno registrarsi, ma dovranno avere due requisiti: essere maggiorenni e avere una difficoltà nel linguaggio, tanto che gli altri hanno problemi nel comprendere il loro modo di parlare. I partecipanti, poi, devono avere a disposizione anche un account Google ed uno smartphone Android, con il compito di registrare 500 frasi, da portare avanti in un arco temporale che va tra i 30 e i 90 minuti. A seguito della condivisione dei vocali ottenuti, i volontari potranno accedere a tre opzioni legate a Relate. L’assistente scriverà il testo in live e metterà a disposizione anche la funzionalità “Ripeti”, con il compito di ripetere, attraverso una “voce chiara e sintetizzata”, quanto detto dall’utente.

Lo sviluppo e la progettazione di Project Relate da parte di Google può supportare le persone che hanno disturbi del linguaggio nell’affrontare una conversazione o quando si trovano a dover usare i comandi vocali per per attivare i dispositivi dell’assistente domestico. L’applicazione si connette anche a Google Assistant, sostenendo gli utenti nell’accendere le luci o facendo partire una canzone, riprodotta con le loro voci. Attraverso questa applicazione, BigG vuole “riparare” al passato, quando altre funzionalità come “Translate” e “Assistant” non sono state fruibili in modo adeguato da parte di persone affette da SLA, trauma cranico (TBI) o morbo di Parkinson. Così, nel 2019, Google ha dato inizio al “Project Euphonia”, attraverso il quale implementare gli algoritmi di intelligenza artificiale, impegnando in prima persona gli utenti interessati, attivando una raccolta diretta dei dati, registrati proprio da persone affette da disturbi del linguaggio.

Ma Google ha deciso di affinare il suo progetto attraverso l’allenamento dei suoi algoritmi, perché questi sappiano “riconoscere anche suoni e gesti, in modo che possa aiutare meglio le persone che non possono parlare”. Da Mountain View arrivano segnali di “lavoro in corso”, grazie al sostegno dei diversi partner che aiutano BigG nella raccolta delle diverse voci, ma in un progetto diverso da quello di Euphonia. Aubrie Lee, brand manager di Google, il cui linguaggio è stato toccato dalla distrofia muscolare, ha affermato: “Sono abituato allo sguardo sui volti delle persone quando non riescono a capire quello che ho detto”. Ma la sua fiducia nell’app Google è evidente, perché Lee vi ripone le sue speranze, credendo che “Project Relate possa fare la differenza tra uno sguardo confuso e una risata amichevole”.

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